Campomaggiore: fondato il 30 dicembre 1741 – abbandonato a causa di una frana il 10 febbraio 1885.

È una nobildonna, Marianna Proto, vedova del Conte Nicola Rendina, a sottoscrivere – il 30 dicembre 1741 – l’atto di Fondazione del nascente borgo di Campomaggiore con i pochi coloni che vi si erano stanziati. A chi stabiliva la propria dimora venivano concessi un lotto di venti palmi per la costruzione della casa, terra da coltivare e altri benefici. In cambio i coloni si impegnavano a versare dei tributi in natura o in denaro e a svolgere dei lavori per i loro signori. Sarà Teodoro Rendina, nipote di Marianna, verso la fine del XVIII secolo, il vero protagonista della crescita culturale, economica ed urbana del borgo. Influenzato dall’architetto Giovanni Patturelli concepisce un modello di sistema viario e di edificazione a scacchiera. Fa realizzare la Piazza dei Voti, baricentro di tutto lo schema urbano, il palazzo dei Rendina, il municipio, la caserma dei Carabinieri Reali, la nuova chiesa parrocchiale e le strutture atte a ospitare i servizi e le botteghe per la comunità. Successivamente il nipote, marchese Gioacchino Cutinelli-Rendina, studioso di botanica ed esperto di agricoltura, darà impulso all’economia rurale così come alla creazione di nuovi quartieri, continuando quella tradizione innovatrice che farà di Campomaggiore un luogo simbolo di progresso. In 140 anni il borgo passa da circa 80 a 1525 abitanti.

Il 10 febbraio 1885 una frana manda in frantumi il sogno di prosperità e di pace di Campomaggiore e della città ideale, facendo scivolare lentamente il paese verso valle e determinando la distruzione dei suoi edifici. La popolazione, abbandonate le proprie case, trova riparo nelle strutture rurali della famiglia Rendina, poco più a monte del paese, o nelle campagne circostanti, assistendo impotente alla distruzione delle proprie abitazioni. Sarà ancora una figura femminile, la moglie del Cutinelli, Laura Antonacci, la grande benefattrice che con proprie risorse finanziarie verrà in aiuto agli sfollati, sostenendo anche parte della costruzione della chiesa parrocchiale nel nuovo centro (edificato a monte).

Due donne, Marianna Proto e Laura Antonacci, racchiudono – in un simbolico abbraccio materno – la nascita e la morte di un borgo, accompagnando la rinascita di una comunità verso un nuovo destino.


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