Saverio Grisei ed i Cacciatori delle Marche

 

 

 di Tommaso Lunardi

 

 

 

L’annessione delle Marche al Regno d’Italia appare ai più come un episodio marginale del nostro Risorgimento; un momento della storia d’Italia non paragonabile allo sbarco dei Mille o alla Breccia di Porta Pia. Eppure, senza l’intervento dei patrioti marchigiani, Vittorio Emanuele II e Garibaldi non si sarebbero mai incontrati a Teano o, per lo meno, avrebbero avuto molte difficoltà. Uno di questi eroi del nostro ‘800 è Saverio Grisei.
UNA NOBILE ORIGINE
Saverio Grisei era originario di
Morrovalle, paesino in provincia di Macerata che gli diede i natali il 17 luglio 1811. Quella di Grisei era una famiglia di nobili molto ricchi e famosi in tutta la marca. Fin dal 1600, infatti, veniva citata tra le fonti delle famiglie patrizie più vicine all’establishment pontificia. Tuttavia, il padre di Saverio era un convinto anticlericale, fedele alle dottrine di Mazzini e del liberalismo che ben presto influenzarono anche il pensiero del giovane patriota.
Durante il suo corso di studi, Saverio Grisei entrò a far parte dei
circoli politici universitari aderendo alla Giovine Italia e, pronto all’azione, lo troviamo in prima fila negli scontri tra studenti e forze dell’ordine pontificie in quello che sembrerebbe un “’68 risorgimentale”.
Nel 1847 Grisei si trasferì a
San Benedetto del Tronto dove ricoprì il ruolo di ispettore di Sali e Tabacchi. Sempre a San Benedetto, Saverio si iscrisse al circolo popolare locale dove iniziò una militanza satirica volta a denigrare il governo e la cattiva amministrazione della regione marchigiana da parte delle forze pontificie. Scrisse una lettera di protesta al conte di Reggio Calabria, Oudinot, accusandolo di essere un traditore dell’Illuminismo e della Repubblica Romana “Generale, siete voi francese? Siete voi soldato repubblicano? Quella bandiera che spiegate ostilmente in faccia a Roma repubblicana non è quella stessa bandiera che, della Nazione Francese, fu inaugurata riscattatrice della schiavitù dei Popoli? Perché dunque, i repubblicani della Senna vengono con mano omicida a spegnere su Tebro la santa favilla di libertà ed a combattere per il dispotismo e la tirannide? Questa è un’onta al nome francese, questo è un marchio d’infamia che voi, per fatto del Governo di Francia, imprimete in fronte a quel popolo generoso: questo è un delitto che oscura il gallico nome, e pesa orribilmente sulla coscienza di quei che furono complici di sì alto tradimento. Contro di questi, noi protestiamo in faccia al mondo, e ci appelliamo al giudizio della Francia come libera Nazione, e non della Francia diplomatica, sulla quale sola ricade l’infamia di tanto fratricidio”.
Nel 1850 si trasferì a
Fabriano dove ebbe modo di conoscere altri patrioti romani come Carlo Carloni e Giovanni Guerrieri con i quali continuò le sue attività sovversive. Nel 1853 lo troviamo a Ravenna dove, però, venne catturato e condotto al tribunale di Ancona. Ivi venne condannato a morte anche se poi la sua pena venne commutata in detenzione in carcere. Il motivo di tale pena era l’adesione di Grisei e di altri 11 patrioti marchigiani al moto rivoluzionario che Mazzini aveva diretto da Milano per rovesciare il podestà locale ed instaurare un governo filo – sabaudo. Saverio verrà, poi, condannato all’esilio forzato.
I CACCIATORI DELLE MARCHE
Nel 1859 a Bologna, presso la Società Nazionale, vennero decise le sorti delle provincie dell’Italia centrale ed il modo per annetterle allo stato sabaudo. Deciso l’intervento armato del Piemonte nelle Marche, Sverio Grisei stabilì con Cavour di
aprire la strada ai piemontesi rivoltando la popolazione civile. Grisei aveva fatto suo un manipolo di ben 500 uomini con i quali conquistò Martinsicuro. I patrioti ottennero la nomea di “cacciatori delle Marche” e venne riconosciuto come loro capo supremo Saverio Grisei in quanto persona “energica ed ardita” agli occhi della casata sabauda. Cadono sotto i rivoltosi anche le città di San Benedetto del Tronto, Grottammare e Cupra Marittima. Le truppe pontificie scappano in preda al panico. Ascoli Piceno viene liberata di lì a pochi giorni come pure Fermo. Lo stesso re Vittorio Emanuele II rimase meravigliato dalle prodezze che Saverio compì senza sparare un solo colpo di fucile. L’eroe marchigiano venne nominato Ufficiale dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, la più alta onorificenza sabauda, oltre che con il titolo di cavaliere e di conte anche se la famiglia Grisei, come detto in apertura del pezzo, era già dotata di un proprio stemma e di una propria carica.
Innamorato del proprio paesino di Morrovalle, che amministrò dopo l’avventura risorgimentale, Grisei nel 1871 allestì un’
edizione straordinaria della “Traviata” in concomitanza all’inaugurazione del teatro comunale.
Il 24 gennaio 1876, Grisei morì improvvisamente. Così lo ricordano i suoi discendenti: “Certamente Saverio Grisei è stato un sicuro protagonista del nostro Risorgimento, un
patriota coraggioso ed intelligente, di cui la città di Morrovalle, la provincia di Macerata e le Marche possono essere orgogliose”.

 

 

 

 

 

 

 

Il Conte

Saverio Grisei

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