Pomi come…pesi  di Franco Sestilli 

 

I

n questo mio articolo, voglio trattare di una delle rare “curiosità” nelle quali l’oplologo e l’amatore di armi antiche possono felicemente imbattersi,  visitando uno dei tanti mercatini del piccolo antiquariato sparsi un po’ ovunque sulla nostra Penisola…

 

Anche se, negli ultimi anni, la “Dea Bendata” si è fatta sempre più parca nel “benedire “ le terga del collezionista medio a caccia di occasioni a prezzi appetibili e di insperati ritrovamenti frugando tra le merci più disparate proposte da rigattieri ed ambulanti che non hanno più “l’anello al naso”, il nostro occhio attento ed allenato può sempre efficacemente supplire a tali avversità e rendere felice quella che sembrava una delle tante giornate di vane ricerche trascorse su e giù tra i banchi dei venditori.

Difatti, non è sempre facile, oggidì, trovare tra le chincaglierie esposte una piastra di fucile, un pugnale, una baionetta, anche per via delle vigenti disposizioni legislative in materia di trasporto, commercio e detenzione di armi o parti di esse, chiaramente temute dai  mercanti più accorti.

Parlando, ora , di esperienze personali (e ne avrei molte da raccontarvi..), il riuscire ad individuare, anche con una certa frequenza, pomi di spada del XVI e XVII secolo riutilizzati come pesi di stadera (un tipo di bilancia manuale ) non è cosa da tutti i giorni: ne ho trovati un po’ di tutte le fogge e dimensioni, almeno una dozzina, con grande stupore dei “vecchi” amici collezionisti che non ne vedevano più uno in giro da anni!

Molti di voi si chiederanno come mai questi pomi, spesso splendidi esemplari finemente cesellati, già provenienti da strisce, spade da lato e da cavallo ecc.. furono riutilizzati come volgari pesi di bilancia.

I nostri antenati, è cosa risaputa, non buttavano via mai nulla o, per meglio  dire,  riciclavano  tutto  quanto poteva loro servire come  attrezzo  od accessorio, adattando l’oggetto ad usi o scopi diversi da quelli cui era originariamente destinato. E’ il caso di questi pomi, distaccati dal codolo delle vecchie spade “rottamate” o cadute in disuso nei secoli successivi, nel corso dei quali, sino agli inizi del novecento,  fu occasionale consuetudine, da parte di pollivendoli, erbaioli e pizzicagnoli, il far piombare o fieccare un anello di ferro nella cavità inferiore dei suddetti, per poi assicurarlo all’asta delle loro stadere, anticamente graduate in libbre e, successivamente,  in chili. Su di un apposito recipiente (il cosiddetto “piatto”), assicurato all’asta con delle catenelle o, alternativamente, su dei ganci, a seconda del genere di mercanzia da pesare, venivano sistemati i prodotti; la bilancia, sollevata per mezzo di un

un gancio arcuato tenuto tra il pollice e l’indice della mano, faceva scorrere naturalmente il peso lungo l’asta graduata determinando l’operazione (lettori più “esperti” in materia mi correggano se…sbaglio!).

 Ma, ritornando a noi, se siamo  così fortunati da ritrovare uno di questi esemplari a poche decine di mila lire, possiamo riportare il pezzo alla sua  antica dignità. Non tutti sanno che, all’epoca, nelle botteghe degli spadai vi erano abili artigiani specializzati nella realizzazione di questi pomi  che svolgevano la funzione di più salda presa, di bilanciamento ed equilibratura dell’arma.

Molto varie furono, attraverso i secoli e i popoli, le forme, le dimensioni e le decorazioni di questa parte terminale dell’impugnatura, anche in base al tipo di arma ed alla sua funzione: sfogliando l’”Enciclopedia ragionata delle Armi” di C.Blair – Ed. Mondadori, il lettore potrà constatare che, alla voce “pomo”,  è dedicata quasi un’intera pagina!

Furono riutilizzate, come pesi di stadera, anche palle di ferro, già impiegate come proietti nelle antiche artiglierie o, cosa a mio avviso assai più rara, …”teste” di mazze d’arme come un esemplare del XVI-XVII secolo,  fortunosamente rinvenuto dallo scrivente solo qualche tempo fa…. ma questa…. è un’altra storia!

 

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