Quando al Fortino il cannone tuonò  di Franco Sestilli

 

Siamo in piena estate e, nell’accingermi a scrivere questo articolo, rammento ai lettori che in questa stagione, solitamente, il pensiero di tutti gli accademici è rivolto allo splendido Fortino napoleonico di Portonovo: perché qui si è appena tenuta, come di consuetudine, l’Assemblea annuale dei soci seguita da un lauto convivio; perché Portonovo, perla dell’Adriatico e capitale ideale del Parco del Cònero, si conferma ogni anno che passa, meta prediletta del turismo balneare e naturalistico italiano ed internazionale.

Dulcis in fundo, grazie alla lungimirante disponibilità del patron del Fortino Amleto Roscioni (che ha fatto restaurare i quattro cannoni navali d’epoca, trovando agli stessi una degna collocazione all’ ingresso della storica costruzione), si è pensato di farne il luogo ideale di un “revival” ambientato negli anni che vanno dal 1811 al 1815, che videro l’edifica-zione, l’utilizzo e il rapido declino, di questa importante avamposto difensivo a guardia della costa prospiciente il Capoluogo dorico.

Non voglio indugiare sugli aspetti architettonici della struttura che sono di dominio pubblico, bensì richiamare l’attenzione dei benevoli lettori su di un paio di episodi bellici molto poco conosciuti che contribuiscono, però, a fare la storia del nostro Fortino. Certo, non furono eventi di rilevanza tattica, strategica e politica come la Battaglia di Tolentino (2-3 Maggio 1815), tanto per restare in terra marchigiana, ma serviranno anche a noi d’ispirazione per gettare le basi di una “mini” rievocazione che intendiamo realizzare di qui a breve. Ma di ciò parleremo in seguito e sempre da queste pagine.

 

Cronache d’epoca

Narrava l’Abate Antonio Leoni, autore dell’opera “Ancona illustrata” pubblicata nel 1832, che a Portonovo esisteva già un presidio e l’episodio che segue fu il primo dei due che ci vengono documentati:

 

<<…nella notte del 2 Maggio del 1811, gli inglesi predarono a Portonovo (lungo le radici del promontorio del cumero, oggi detto Monte Conero, e più volgarmente Monte di Ancona) due piatte che trasportavano la pietra nel nostro porto. Il presidio ch’era colà si battè e vi furono dei feriti; e riuscì che non predassero le altre piatte.

In seguito per impedire tali sbarchi fu eretto in quel sito un bellissimo forte di vari bastioni con una caserma, che può contenere 600 soldati circa e costò 16.000 scudi>>.

 

Napoleone stesso aveva già definito Ancona “base preziosa per assicurare alla Francia il dominio dell’Adriatico e le vie d’espansione verso oriente”. Quindi, a difesa meridionale della piazzaforte di Ancona,  Portonovo col suo forte, la sua guarnigione e le sue artiglierie, doveva prevenire sbarchi di truppe britanniche; respingere la “caccia” che il naviglio militare inglese dava ai vascelli francesi e italici che incrociava sulla sua rotta; impedire l’approvvigionamento di acqua dolce alla fonte della baia, ubicata nelle vicinanze del Fortino. E’ notorio che squadre navali britanniche, alcune delle quali avevano partecipato alla famosa battaglia di Trafalgar (21 Ottobre 1805), avevano base alle isole Ionie e spingevano le loro scorrerie nell’alto e medio Adriatico.

E’ questo il contesto storico in cui sorse il nostro Fortino. Sui suoi bastioni rotondeggianti, all’interno dei quali erano ospitate casematte che fungevano da caserma e deposito munizioni e viveri, erano posizionate batterie di cannoni. Queste batterie assumevano, già a quei tempi, per il loro specifico utilizzo, a prescindere dal numero dei pezzi, dal loro calibro e dalla tipologia degli stessi, la denominazione di “Batteries de Coste”, (Batterie di Costa o della Costa) come si evince dai manuali d’artiglieria e sui dizionari militari contemporanei. Si suppone, pertanto, che in organico alla nutrita guarnigione presente al Fortino (anche se i 600 uomini menzionati dal Leoni, ci sembrano veramente troppi!!) vi fosse, una batteria di artiglieria costiera comandata da un ufficiale col grado di Capitano. Purtroppo siamo privi di documentazione sulla vita e sull’amministrazione del Fortino; documentazione andata dispersa a seguito di alterne vicende già nella 2ª metà del XIX secolo.

 

L’altro episodio, che riporto qui di seguito, è stato ricostruito dall’ Avv. Pier Furio Zelaschi di Bologna, dotto cultore di cimeli e di storia militare napoleonica:

<<Fatto d’armi in cui le batterie del Fortino potrebbero aver aperto il fuoco.

Traggo dal “Dictionnaire Napolèon” a cura di Jean Tulard (opera preziosissima!):

 

Combattimento navale di Ancona – 15 Novembre 1811 -

 

La fregata l’Uranie (comandante Margollé) e il “flute” (sciabecco?) Le Corcyre (comandante Laglade) partono da Trieste con truppe e rifornimenti per Corfù.

Il 15 novembre 1811 con forte vento di nord-est sono inseguite da cinque navi inglesi; la sera l’Uranie segnala “libertà di manovra” ed entra nel porto di Ancona. Le Corcyre non vede il segnale e prosegue la sua rotta; perde l’albero  di   parrocchetto e viene  attaccata   dal vascello  da 74 cannoni Eagle, cui resiste per più di  un’ora prima di ammainare bandiera.

Se Le Corcyre era abbastanza sotto costa (ed è possibile perché, non avendo visto il segnale, non ha fatto in tempo a capire che l’Uranie virava per entrare ad Ancona: se fossero state lontano dalla costa avrebbe capito la manovra!) probabilmente preda e inseguitori si sono trovati proprio davanti alla baia di Portonovo e ai cannoni del Fortino.

Bisognerebbe calcolare se i cannoni del Fortino (secondo me pezzi navali da 24 o da 36) avevano abbastanza gittata per intervenire in aiuto. Non ho trovato la portata del 24 ma, visto che quella del 36 è di 1.500 m. e quella del 12 è 1.800, azzarderei un 2.000 m. abbondanti.

Ti passo la palla!...di cannone, naturalmente.>>

 

Ma all’epoca il Fortino era appena in costruzione, se è vero che i lavori per la sua edificazione si conclusero dopo circa due anni, nel 1813…Da questa data fino alla caduta dell’Impero Napoleonico non si ha più notizia di altri fatti d’arme accaduti sul luogo.

 

P.S.:  i cannoni del Fortino e quelli restaurati oggi presenti nel porto di Ancona, erano interrati ed usati come bitte nel medesimo porto prima del loro recupero e restauro (vedi foto seguenti come esempio), tant'è che ne hanno i segni di usura delle corde e catene usate.

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